il nuovo

mi aveva detto che i fiorellini dello stelo reciso di curcuma non si sarebbero aperti. che spreco, ho risposto, che fuochi d’artificio sarebbero stati. l’ho preso lo stesso.

dopo dieci giorni alcuni petali non sono più croccanti; la punta di diverse foglie è avvizzita. è quasi un fiore da sostituire, un’amicizia che si sfrangia, un amore che comincia a dubitare. 

ho guardato meglio e quell’affidarsi che mi era stato detto impossibile era invece realtà: un bocciolo era affacciato dal suo alveolo con fiducia ignorante.

io lo guardavo e dovevo decidere se tenerlo o buttarlo. lui mi guardava e non immaginava che stessi definendo la sua vita e la sua morte.

praticamente ero dio.

il bocciolo sbirciava con speranza e io pensavo a quando si chiede scusa o a quando si trova una cosa senza cercarla. a quella telefonata che riallaccia un rapporto, a una risposta che arriva ad aggiustare il cuore. ho pensato a quando la rabbia è tanta ma c’è ancora qualcosa che si può salvare. a quei giorni in cui si vuole solo andare via, ma poi si resta perché si ha ancora molto da dare.

la parte vecchia del fiore era avvizzita e stanca, ma la nuova non sapeva nulla e per questo era entusiasta e forte.

nella realtà siamo spesso costretti a tenere entrambe. nella mia cucina, ho tagliato via i petali rovinati e adesso resterò a guardare.

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Informazioni su Cristina Mosca

scrivo, amo, vivo
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