la libertà dell’aquilone

voi non avete idea di quanti treni ad alta velocità passino fra l’una e mezza e le quattro e un quarto.
almeno otto. o forse quindici, o centoventicinque. tutti sono preceduti dal ticchettio dello specchio, una specie di avviso in codice morse. forse è un treno, forse un terremoto, come quel sei di aprile. la differenza la fanno pochi secondi: il rombo in lontananza, lo scricchiolìo dell’armadio e infine lo sferragliare, un cuore arrabbiato nel buio.
una volta ho passato da sola sei notti di fila. all’inizio sembravo indifferente, poi a metà settimana ho iniziato a fare sogni agitati, dormire male e a pezzetti. la quinta notte ho viaggiato per tutto il letto, cosa incredibile per me, che nel sonno non mi muovo mai.

il tratto di lungomare che percorro ogni mattina ha un punto scoperto. le siepi tra la spiaggia e il marciapiede sono state eliminate in un’occasione tuttora discussa e la loro assenza pesa. nei giorni di vento è l’unico tratto in cui la sabbia invade la carreggiata, per accumularsi contro il marciapiede opposto.

in una scuola sono stati degli studenti a chiedere, nero su bianco, che gli venissero tolti i telefoni a lezione e assegnati dei posti fissi a sedere.
c’è un modo che ha mio figlio di lamentarsi, che mi fa capire che è ora di prenderlo in braccio, racchiuderlo, contenerlo.

una volta la mia mente è stata così infestata dal dubbio che ho desiderato del dolore fisico, perché almeno lo avrei circoscritto, guarito.
la sabbia non sa fermare la sua corsa da sola.

delle notti che ho dormito senza mio marito potrei dire che il mio corpo abbia cercato il suo. potrei ricamare merletti romantici sull’amore e la nostalgia.

la verità semplice è che, come gli adolescenti a scuola, come mio figlio quando è stanco, durante il sonno ho cercato inconsciamente un confine, un contrappeso; un limite tra il sogno e il reale.
abbiamo tutti bisogno di una consistenza che ci riconduca alla carne, alle braccia, le gambe. a quello che possiamo fare senza ferire chi ci è accanto, alle regole da rispettare, al dono rassicurante della serenità. abbiamo tutti bisogno, prima o poi, della gioia quanto basta; la libertà dell’aquilone.

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Informazioni su Cristina Mosca

scrivo, amo, vivo
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