something borrowed

FOTO_0312l’anno prossimo mi sposo. sposo me stessa, intendo. mi sposo perché mi devo fare una promessa, e il matrimonio è il modo più solenne che conosco per impegnarsi a costruire qualcosa.
la promessa che devo farmi è di insistere.

“insisti”: voce del verbo “imparare a proteggere i propri sogni”

questo matrimonio tra me e me verrà celebrato nei primi secondi del 2014 e suggellato con un bacio al mio consorte. sarà un’unione che nascerà sotto il simbolo della determinazione, perché l’alba del nuovo anno vedrà uno schieramento di sole, luna, mercurio, venere e plutone nel segno del capricorno; ma io, che sono una romantica, mi occupo anche dei piccoli, tradizionali gesti scaramantici.

something old,
il vecchio che porterò con me è tutto l’amore che ho costruito nei miei 33 anni di vita. porterò le persone a cui ho voluto bene, quelle che amo e tutte le sfumature che sono nel mezzo. volenti o nolenti, loro saranno con me.

something new,
si dice che portare i tatuaggi in numero dispari simboleggi un ritorno, la conclusione di un viaggio.
il numero pari indicherebbe, invece, una partenza.
io mi devo ricordare che alcune cose restano belle solo se lasciate nel luogo a cui appartengono.
perciò, oggi, ho fatto il mio quarto tatuaggio.

something borrowed,
chiederò in prestito al 2013 la musica che non sapevo di essere in grado di suonare. è arrangiata dal mio cuore, senza grandi pretese né virtuosismi, ma fa l’amore in rima e mi rende ricca e piena.
di questa musica ho bisogno, nel 2014: il silenzio a volte è un balsamo che ottunde l’azione.

something blue,
il mare sarà l’accessorio blu che porterò il giorno delle mie nozze. indosserò al collo l’orizzonte sottile che sta tra l’adriatico e il cielo, quello su cui un desiderio si appoggia per andare a dormire: abbastanza lontano per non sfiorire, abbastanza vicino per essere vigilato. danzerò al ritmo del mare, in costante divenire, come le onde e il suo umore.

a silver sixpence in her shoe.
la tengo come promemoria: non una moneta d’argento, ma una moneta da 500 lire. l’ho sempre portata con me, nel portafogli, un po’ per ricordo e un po’ perché era comoda per il carrello della spesa.
poi, un giorno, nel supermercato vicino casa mi è caduta sotto una cassa; mi è stato promesso che l’avrebbero recuperata.
mimmo lavora lì e l’ha tenuta in tasca una settimana, prima di incontrarmi di nuovo.
quello è il supermercato in cui vado sempre, e le mie 500 lire adesso hanno un altro significato per me: il senso di appartenenza.
è prezioso sapere che ci sia un non-luogo in cui potrei essere una passante e invece vengo salutata per nome, o riconosciuta da tutti con un sorriso.
il mio buon proposito di quest’anno è imparare nuovi nomi.

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Informazioni su Cristina Mosca

scrivo, amo, vivo
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