strada facendo

paolo sangiovanni di roma ha partecipato al concorso di poesia dell’associazione nuova acropoli e si è classificato terzo.
io ero in giuria e per me sarebbe stato il primo. non posso fare a meno di pubblicare la sua poesia.

STRADA FACENDO
Dal nuovissimo al nuovo

Ti dirò di mio padre questa sera
che rileggeva Sàlgari sul tardi.
E poi si addormentava con la testa
sul tavolo in cucina. Ti dirò
di lui, dei suoi rimorsi. I suoi peccati
così veniali da stupirne adesso.
Perché un padre è un’ellisse che ritorna
al punto di partenza ogni stagione.

Con le rondini, i crochi, gli ombrelloni.

E io penso che occorra ricordarlo
una volta ogni tanto nella vita
alla ricerca di quelle radici
che abbiamo lacerato nel cammino,
mendicanti di questa società
senza più Società. Destrutturata.

Deragliati, dispersi, ci accaniamo
sul povero più povero. E la notte
dentro i nostri lettucci immaginiamo
con invidia le vite dei più forti.

Degli assassini, dei lenoni, degli
usurai che ci smerciano parole
false, inutili, ambigue. A tradimento.

Ma dei perdenti, ma di nostro padre
no. Noi di loro non parliamo mai.

E invece poter dire qualche volta
del proprio padre quando non c’è più
senza false emozioni, solamente
con la turbata tenerezza di
chi sa che sta seguendo la sua traccia
inavvertitamente, è come fare
un cedimento al Buono. Al naturale.

Cadere mentre si parlava d’altro.

Come quelle fortezze medievali
definite imprendibili che poi
aperto solo un varco in qualche punto
i nemici invadevano a migliaia.

E non è una questione di vecchiaia,
di confusione, di navi attraccate
ai porti del buon senso o della resa

Strada facendo mentre pedaliamo
credendo di redigere importanze
la catena si allenta e ci stanchiamo.

E all’improvviso diventiamo vecchi.

E un modo nuovo di lettura allora
più ragionato e tenero ci prende.
Ci regola la vita. E riviviamo
accanto all’orlo del cratere che
sembra ci stia inghiottendo e non lo fa
prima dell’ora ignota che ci attende.

Strada facendo mentre il tempo passa
tutti abbiamo paura di morire.

Ma non si può negare di esser vivi,
di essere stati vivi. Così allora
per non fuggire anch’io, per perdonarmi
ti dirò di mio padre questa sera.

Dopo mi sentirò solo e distrutto.
Come una cosa. Come una barchetta
che il vento spinge o che rallenta e ferma.

E tutto non dipende mai da noi.

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Informazioni su Cristina Mosca

scrivo, amo, vivo
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