quando lessi il diario di anne frank per la prima volta provai un profondo senso di nostalgia. avevo 13 anni e anche io custodivo le mie giornate in un diario segreto. mentre leggevo le sue confidenze mi sembrava non di leggere un libro ma di intrattenere una vera e propria corrispondenza. ebbi nostalgia di quella mia coetanea, linguisticamente irrefrenabile e irrecuperabilmente curiosa come me, perchè mi parve di aver perso un’amica ancora prima di conoscerla. di essere arrivata troppo tardi, ecco.
anne frank iniziò il suo diario due giorni dopo il suo tredicesimo compleanno. era stato il suo primo regalo di quell’anno, il 1942. era del segno dei gemelli, un segno d’aria come me, e questo rafforzava la nostra vicinanza nella mia mente da ragazzina. ero già avvezza ad amare le storie, le scrivevo, le inventavo; e trovavo profondamente ingiusto che lei fosse diventata famosa perchè della sua, di storia, era morta. lei avrebbe dovuto vivere e scriverne altre, di storie, e diventare famosa per quello, perchè era brava. era appassionata di cinema, ma secondo me sarebbe diventata un’acuta giornalista, mossa da una sete instancabile della vita e delle cose.
questo era anne frank per me. il simbolo di un talento (o di un sogno?) stroncato, travolto dallo tsunami della Storia.
dopo l’edizione del 1992 in italiano, che ho letto fino a consumarla, comprai anche il diario in versione integrale che uscì pochi anni dopo. qualche altro anno dopo andai in germania e mi esaltai nell’acquisto di un anne frank tagebuch in tedesco: credetti di respirare più da vicino la sua anima, senza rendermi conto che la lingua originale del diario era stata l’olandese.
e così ho tre edizioni diverse di quello che mi rimane della migliore amica che io abbia mai non avuto.
c’è una frase molto famosa che viene ormai messa come didascalia a questa ragazzina, che ho sempre tenuto bene a mente sin dalla prima volta che l’ho letta, e in cui ritrovo molto anche me. arriva alla fine di una lunga dissertazione con kitty (il diario), scritta il 15 luglio 1944, sull’argomento “cosa pensate della ragazza moderna?”. dopo questa frase famosa ci sono solo altri due interventi, uno il 21 luglio e uno l’1 agosto 1944, accomunati dall’espressione “fastello di contraddizioni”, riferita a se stessa. anne ha ormai quindici anni e ha sviluppato l’arguzia di una trentenne. ti cattura e ti innamora con la sua logica, le sue spiegazioni, il suo rapporto vivo con la carta.
poi, in tutte le edizioni, in tutte le lingue, arriva l’inciso: “qui finisce il diario di anne frank”. il 4 agosto 1944 la polizia tedesca irruppe nell’alloggio segreto e le famiglia nascoste furono semidisperse e deportate.
anne morì di tifo nel campo di concentramento di bergen-belsen il 31 marzo 1945. l’8 maggio fu firmato l’atto di resa che sancì la fine della seconda guerra mondiale.
è un gran miracolo che io non abbia rinunciato a tutte le mie speranze, perché esse sembrano assurde e inattuabili. le conservo ancora, nonostante tutto, perché continuo a credere nell’intima bontà dell’uomo