“un giorno ti porterò lì, promettimi che andremo”. mi raccontavi dei colori in fiamme, del viola sacro e delle virate brusche verso il giallo che riempiono le terre d’umbria in un dato periodo dell’anno. “promettimi che non smetteremo mai di parlare”.
suonavi come un flauto la colonna vertebrale di chi abbracciavi: stretto, perché sapevi che doveva andar via.
per ogni promessa che hai invocato si è spezzata l’aria tutto intorno, a volte sono cadute gocce di sangue. come margherita furente sono diventata strega e ho solcato il tuo cielo a cavallo di una spazzola, squarciandolo in due.
ne sono rimasta al di là, scegliendo quello che era possibile nelle gradazioni nascoste tra i tuoi bianchi e i tuoi neri. ho iniziato una scalata verso l’irrisolvibile, nel mio personale purgatorio, finché non è stato risolto. poi, anche il risolto è diventato qualcosa da risolvere e ho capito che nel purgatorio non ci ero ancora nemmeno entrata: avevo passato la mia vita sulla spiaggia.
oggi le promesse mancate si sgranano come perle rotte da una collana, indifferenti.
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