nella scia di un rigurgito di passato, ieri sera ho elegantemente ignorato roberto saviano e grande fratello e mi sono lasciata trasportare da baarìa sul digitale terrestre. avevo già visto le ultime due ore, mi mancava la prima. di questa prima ora, a sua volta, ieri sera sono riuscita a perdermi il primo quarto d’ora. pazienza.
questa famosa prima ora scende un po’ a fatica. il doppiaggio non sembra essere uscito uno splendore e questo disturba un po’. ci si perde nella polvere e nell’arsura, nei personaggi che in un primo momento non si capisce bene chi sono.
poi le cose piano piano vanno al loro posto, in ordine, e quando i due protagonisti si fanno grandi tutto cambia. le fossette di francesco scianna e i larghi occhi chiari di margaret madè rendono la narrazione più scorrevole e immergono nella Storia con voluttà. un bel viaggio attraverso le vite, una saga familiare in cui quello che resta è la fatica di essere sopravvissuti.
ma questa non è una recensione. è un alibi al fatto che ho preferito un film già visto alla realtà senza scampo degli altri canali.
sembra che “vieni via con me” abbia superato gli ascolti del grande fratello. sembra che questa sia una buona notizia. sembra che non ci sia nessuno su tutto lo stivale che non abbia bisogno di esprimere un’opinione, una condanna, un giudizio in proposito.
ho scelto di guardare baarìa perchè avevo bisogno di silenzio e di rispetto. respiravo ancora i fumi della mia stanza, quella di ragazza, in cui sono stata domenica sera. una stanza che riconosco solo in parte; mura che hanno siglato un accordo con il tempo e non le saprei più immaginare senza quel quadro, quel poster, quel bracciale appeso ad un chiodo.
una stanza trasformata e contaminata da un’altra presenza-assenza. gioielli abbandonati in attesa, un guanto nero spaiato, un regalo che non so, spacchettato a metà. la mia stanza mette in mostra boccette di profumi, perle colorate e peluche che non riconosco, perchè sono arrivati dopo la mia partenza, hanno vissuto altre vite, per venire poi destinati a questo reliquiario delle cose sperdute.
nella mia stanza ci sono montagne di libri e musicassette accatastati in un angolo, che un tempo facevano il mio mondo. una volta mi sono conosciuta attraverso quelle agende, mi sono consumata su quelle poesie; ho lasciato dietro di me oggetti che mi erano indispensabili, perchè io sono cresciuta e loro sono rimasti immobili.
da quei cassetti un giorno spunteranno fuori speranze che una volta erano irrinunciabili, doni ricevuti per l’eternità, frammenti di ipocrisie nascosti a me stessa. la voracità del possedere qualcosa prima che sia quel qualcosa a possedere me.
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