l’ho seguito quasi per caso e solo perché me lo ha chiesto mia madre. mi ha telefonato apposta per assicurarsi che assistessi all’indulgenza plenaria, ho voluto rispettare un evento che per lei sembrava così importante.
l’ho ascoltato con in pancia l’ammirazione e la simpatia che la visione del film “i due papi” ha rafforzato in me.
l’ho ascoltato, ho pensato, l’ho compreso. lui parlava e parlava, solenne, istituzionale. mi piaceva quello che diceva.
poi, quello stacco sulla piazza.
lui così piccolo, così inutile e solo. lui così ridicolo quasi. eppure così grande e così forte. lui che continuava a parlare senza arrendersi anche se di fronte aveva il nulla, forte di questa cosa misteriosa che si chiama fede.
allora ho compreso un’altra cosa, nascosta.
stava dando l’unico esempio che potesse dare, faceva l’unica cosa che potesse fare.
l’immagine di lui che parla al vuoto, superando il suo disorientamento e la gravità d’animo, mi fa pensare a una fiducia sconfinata: ci sarà pure qualcuno, in Alto o dietro uno schermo, che voglia ascoltarmi.
ci saranno persone che piangono madri, padri o figli, che hanno bisogno di queste parole. di piangere ancora, di poter dire addio.
lui e mia madre si sono comportati allo stesso modo: cercare di proteggere, anche a distanza.
(foto presa dal web)