quando il tempo finisce

mio nonno paterno leggeva il Tempo. lo comprava ogni giorno, lo leggeva, poi ci accendeva il camino, perché era nel normale ciclo delle cose. mio nonno comprava ogni giorno il Tempo. poi, un pomeriggio di dicembre, è andato via. perché anche questo è nel normale ciclo delle cose.
circa tre mesi dopo, per una serie di circostanze inaspettate, sono diventata collaboratrice del Tempo a pescara.
da allora ho pensato molte volte che mio nonno, se fosse stato ancora vivo, avrebbe cercato, ne sono sicura, la mia firma sugli articoli; magari ne avrebbe commentato con mio padre, magari ne avrebbero sorriso tutti, magari orgogliosi.
molte volte ho pensato: peccato che nonno non può vedere la mia firma su un giornale che gli è così famigliare. peccato che non possa avere vicino il segno di quello che faccio a quaranta chilometri di distanza.
altre volte ho pensato: grazie, nonno, per avermi dato questa opportunità.

ho collaborato con il Tempo per sei anni. la maggior parte delle cose che so, la maggior parte delle cose che faccio, io l’ho imparata lì. ho conosciuto persone tanto imperfette quanto tenaci e credenti: giornalisti che credono nel loro lavoro, ancora, e praticano questa fede più che possono sotto la crosta della fretta e del conteggio battute.

non avevo ancora smesso di imparare (non si smette mai) quando ho scelto di andarmene per occuparmi meglio di enogastronomia abruzzese. ma anche quando ho salutato tutti, nel 2011, è stato come se fossi rimasta, perché ho continuato a seguirli – come avrebbe fatto mio nonno con me – visto che ho comprato e compro anche io il giornale ogni giorno, abbonandomi on line. mi sono divertita a intuire, tra gli articoli, le discussioni in redazione, le risate e gli scherzi, e sentendo quasi il tic tac tac di una tastiera pigiata con veemenza come fosse un pianoforte, sbraitare al telefono. e una radiolina di sottofondo.

quando, il 15 settembre, è stata annunciata la chiusura in abruzzo di questo quotidiano storico, ho posticipato il mio cordoglio interiore. c’è tempo per dispiacersi, ho detto, manca ancora un mese.

stamattina invece ho realizzato che, come è nel normale ciclo delle cose, il tempo è finito. che questa è l’ultima settimana in cui le persone che conosco, di cui so molti umori e molti modi di sorridere sulla vita, mettono piede in quegli spazi che anche io ho frequentato. qualcosa si stringe, alla bocca dello stomaco, ma – io lo so – non è lo stesso cappio che strozza il loro, e, per questo, il mio si stringe un po’ di più.

postilla: mi fanno sapere che il giornale continuerà ad uscire fino alla fine del mese. probabilmente sarà solo un accanimento terapeutico. quello che ho detto vale lo stesso. preciso soltanto che “bucare” le notizie non fa parte delle cose che ho imparato al Tempo: è puro talento naturale.

chiude il tempo

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Informazioni su Cristina Mosca

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