il glitch

ho incontrato una mia compagna delle elementari e sono caduta in un glitch.
l’ho fissata a lungo, non riuscivo a smettere.
il fatto è che ricordo bene sua madre, giunonica e bellissima, bionda, sorridente, luminosa.
mentre guardavo questa mia compagna, vedevo quanto profondamente somigliasse a lei ed ero incredula e spaventata.

quando le ho conosciute avevo l’età di mio figlio oggi. per guardare questa sua madre e farla entrare tutta dovevo alzare gli occhi e sgranarli.

davanti a me, ieri, c’era di nuovo questa madre bellissima e luminosa.
io ero di nuovo una bambina e anche la mia compagna era una bambina. ma come poteva essere che lei fosse una bambina e allo stesso tempo fosse anche sua madre, mi chiedevo.
anche io che guardavo lei diventavo una bambina e allo stesso tempo ero mia madre.

e questa cosa che a un certo punto si diventa come le madri, nel togliersi gli occhiali quando si alza lo sguardo dai compiti o nel suono della tosse o nel modo di appoggiarsi a tavola, questa cosa di assottigliarsi sempre di più fino a tornare a essere grembo, l’origine e la fine del tempo, ritrovarsi al punto di partenza eppure a un passo dalla fine – sempre alla madre si torna, sempre ad assomigliarle – questa cosa non so ancora come descriverla e non so ancora nemmeno se riesco ad abbracciarla.

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Informazioni su Cristina Mosca

scrivo, amo, vivo
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